L’insonnia, si sa, è una vera e propria “piaga” che affligge una grande fetta della popolazione, circa il 35% a livello mondiale (soprattutto gli over sessantenni) e supera addirittura il 45% nell’estremo oriente.
Nonostante sia così diffusa, se ne sa ancora troppo poco.
A livello internazionale si tende a classificarla in due grandi categorie:
Insonnia di primo livello: si manifesta esclusivamente con disturbi durante le ore notturne;
Insonnia di secondo livello: alle problematiche notturne si associano sintomi diurni.
A sua volta la sintomatologia può assumere un aspetto cronico (almeno un mese) o acuto (da pochi giorni ad alcune settimane).
L’insonnia è un’infermità troppo spesso sottovalutata in quanto si pensa che non possa determinare gravi conseguenze. La realtà, purtroppo è assai diversa:
Aumento del rischio di sviluppo di malattie psichiatriche: circa il 40% dei pazienti adulti insonni cronici ha un rischio elevato di sviluppare una malattia psichiatrica, più frequentemente di tipo depressivo.
Alterazioni a carico del sistema cardiovascolare: in particolare, è stato rilevato un aumentato rischio d’ipertensione.
Insorgenza di disturbi endocrino-metabolici: i pazienti insonni hanno un maggior rischio di sviluppare obesità e diabete di tipo 2, per la mancata secrezione di leptina (ormone della sazietà) nelle ore notturne.
Disturbi cognitivi, della memoria e dell’attenzione.
Disturbi nell’ambito sociale e relazionale: ridotta disponibilità nei rapporti interpersonali, irritabilità, riduzione delle capacità adattative.
Per poter affrontare un’adeguata terapia a 360° è indispensabile inquadrare il più possibile la tipologia di insonnia.
Oltre dunque a valutare la cronicità o meno del disturbo è importante stabilire se si tratta di insonnia iniziale, centrale o terminale.
La terapia farmacologica negli ultimi decenni, accantonati definitivamente i barbiturici, fa uso generalmente degli ansiolitici della classe delle benzodiazepine (o simili).
Tuttavia, un recente studio[1] ha evidenziato come un protocollo di agopuntura ideato dal Prof. Gao Yu-chun (The GV unblocking protocol) sia più efficace della terapia con estazolam (un ansiolitico) nel migliorare la qualità del sonno valutata utilizzando il PSQI (Pittsburgh sleep quality index). I due trattamenti – agopuntura e ansiolitico – si sono dimostrati invece equivalenti nella “sleep onset latency” ovvero il tempo che intercorre tra stato di veglia e quello di sonno.
I pazienti del gruppo farmacologico sono stati trattati con 1 mg di estazolam ogni sera prima di coricarsi per quattro settimane consecutive.
I pazienti del gruppo agopuntura invece hanno ricevuto un trattamento al giorno per 5 giorni la settimana per un totale di quattro settimane consecutive.
Il protocollo prevede l’applicazione sequenziale di tre differenti gruppi di aghi:
Prima di tutto vanno applicati e opportunamente stimolati gli aghi su ST25, CV12 e SP9;
A stimolazione avvenuta si aggiungono i seguenti punti: GV20, GV24, Sischencong e Anmian;
Infine si agisce su HT7, LV3 e KI3.
Chi volesse approfondire lo studio e il protocollo di agopuntura può consultare questa pagina inglese: http://www.healthcmi.com/Acupuncture-Continuing-Education-News/1672-acupuncture-beats-drug-for-insomnia-treatment
Chiaramente questo è soltanto un piccolo studio e molti altri devono ancora essere sviluppati per comprendere appieno le potenzialità dell’agopuntura nel trattamento dell’insonnia. Una cosa è sicura e vale sempre, l’agopuntura è priva di effetti collaterali a medio e lungo termine.
Nella mia esperienza clinica il protocollo di Gao Yu-chun in associazione a medicamenti naturali si è rivelato assai interessante ed efficace nel trattamento di molti casi di insonnia.
Bibliografia:
Wang YJ, Zhang LH, Han YX, Li PP. Efficacy observation on Governor Vessel-unblocking and mind-calming acupuncture for insomnia. Journal of Acupuncture and Tuina Science. 2016 Jul 1;14(4):274-8.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3156618/
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